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Pubblicato il 3 Dicembre 2019 | Ultima modifica il 31 Dicembre 2019

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Perché il disturbo distimico mette a rischio la salute dell’umore

Il disturbo distimico (definito anche distimia o disturbo depressivo persistente) è un disturbo del tono dell’umore simile alla depressione, che ha una sintomatologia più sfumata ma che comunque conduce alla compromissione delle relazioni sociali e dell’attività professionale. Il disturbo distimico è una malattia ad andamento cronico.

La presenza di manifestazioni depressive, spesso lievi, può spingere a sottovalutare il disturbo e a etichettarlo come parte della personalità del paziente, peggiorandone lo stato depressivo.

Il disturbo distimico ha un’incidenza piuttosto alta nella popolazione: oscilla fra il 3 e il 5%, senza differenze rilevanti rispetto al sesso. Si tratta del disturbo mentale più frequente dopo la depressione.

Il suo esordio avviene generalmente durante l’adolescenza (si definisce esordio precoce quello che si verifica sotto i 21 anni), ma la malattia può comparire fino ai 45 anni (esordio tardivo), in particolare a seguito di episodi di depressione maggiore. Malgrado non sia una patologia ereditaria, la distimia ha una componente genetica.

Disturbo distimico: le caratteristiche generali

Il disturbo distimico è una patologia psichiatrica cronica che, per le sue sfumature più lievi e confuse rispetto alla depressione, si manifesta con tratti che possono essere confusi con le caratteristiche intrinseche della personalità del paziente. Quest’aspetto rende difficile la diagnosi, che spesso giunge ritardata nel tempo rispetto al momento di esordio.

Rispetto al passato, quando la diagnosi era effettuata sulla base di principi di maggiore soggettività, oggi la distimia è diagnosticata con criteri precisi: il paziente deve avere i sintomi della depressione maggiore, in misura attenuata e da almeno due anni continuativi. Perché la distimia sia diagnosticata, nella storia del paziente non devono essere presenti altri disturbi psichiatrici quali episodi depressivi maggiori, disturbo ciclotimico ed episodi maniacali.

È anche possibile che il disturbo distimico osservabile in un paziente sia in realtà lo stato intermedio fra due attacchi di depressione maggiore.

Tutti questi aspetti rendono necessaria la diagnosi differenziale della distimia rispetto ad alcuni disturbi della personalità. Rispetto alla depressione maggiore, caratterizzata da una natura episodica, la distimia ha un andamento più costante.

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Disturbo distimico: i sintomi

Le manifestazioni del disturbo distimico hanno molto in comune con la depressione e possono riguardare:

  • il sonno: il paziente può soffrire di insonnia o ipersonnia
  • l’appetito: possono manifestarsi inappetenza o iperfagia, che possono sfociare in veri e propri disturbi alimentari
  • l’autostima: il paziente ha una bassa autostima, è insicuro, pervaso da una sensazione d’inadeguatezza, incapacità e autosvalutazione
  • le relazioni sociali: sono generalmente limitate dalla malattia, anche se in misura minore rispetto alla depressione
  • la concentrazione: al paziente riesce difficile trovare e mantenere la concentrazione, e prendere decisioni
  • l’umore: la persona distimica è colpita da uno stato continuo di flessione dell’umore, sconforto, tristezza, pessimismo, perdita di fiducia nel futuro, diminuzione dell’interesse per la vita; irritabilità e rabbia sono due componenti presenti nei pazienti adolescenti
  • l’energia: il paziente si sente debole, stanco, senza forze.

Perché la distimia sia diagnosticata, devono essere presenti almeno due di questi sintomi. Malgrado la loro intensità possa variare nel tempo, essi non scompaiono mai per un periodo superiore a due mesi.

Disturbo distimico: le patologie che possono essere associate

Il disturbo distimico può peggiorare e sfociare in complicanze quali l’abuso e la dipendenza da sostanze, i disturbi alimentari, la depressione maggiore, i disturbi d’ansia, i disturbi della personalità.

La distimia peggiora la qualità della vita e aumenta il rischio di andare incontro a insuccesso scolastico e professionale, conflitti familiari, altre patologie psichiatriche e suicidio.

Le cause del disturbo distimico

Le ragioni alla base dell’insorgenza del disturbo distimico sono tuttora sconosciute, ma vi si riconoscono componenti biologiche, sociali e psicologiche.

Le cause biologiche non sono ancora state identificate: l’ipotesi è che microalterazioni a livello neurobiologico contribuiscano a determinare lo sviluppo della malattia. Uno squilibrio nella sintesi e nel metabolismo dei neurotrasmettitori (le sostanze che garantiscono la comunicazione fra i neuroni) potrebbe causare l’insorgenza dei sintomi.

Fra gli aspetti sociali alla base della malattia, vi sono certamente eventi particolarmente traumatici, luttuosi o periodi in cui il paziente è sottoposto a elevati livelli di stress.

Il trattamento del disturbo distimico

L’approccio generalmente più efficace per il trattamento del disturbo distimico è rappresentato dalla terapia cognitivo comportamentale (TCC). I suoi effetti positivi sulla distimia passano attraverso l’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé e della malattia, e di comportamenti più funzionali alla sua corretta gestione. La psicoterapia permette di fornire al paziente consigli per gestire il disturbo psichiatrico.

Il disturbo distimico è spesso trattato anche con unta terapia farmacologica. Si usano farmaci antidepressivi di ultima generazione (quali gli SSRI, gli SNRI) e antidepressivi triciclici, che in questa condizione sono meno efficaci di quanto non siano nella depressione maggiore.

Per limitare l’intensità dei sintomi e facilitare la gestione del disturbo, è bene mantenere uno stile di vita sano, evitare l’alcol, dormire un numero di ore sufficienti a garantire il giusto riposo al cervello e svolgere regolarmente attività fisica.

Recentemente, anche altri approcci, quali la mindfulness, si sono rivelati utili nell’affiancare la terapia farmacologica e psicologica del disturbo distimico.

Periodi di umore basso e sensazione persistente di stanchezza possono essere dovuti, quando non legati a disturbi psichiatrici, a impegni professionali particolarmente stressanti o a indebolimento derivante dalla convalescenza a seguito d’infezioni stagionali, come per esempio influenza. In questi casi, è possibile trovare giovamento nell’assunzione di integratori di magnesio. Il magnesio è un sale minerale utile sia per combattere stati di stanchezza intensa o affaticamento che mantenere normale la funzione psicologica e il corretto funzionamento del sistema nervoso. Assumendo ciclicamente integratori a base di sali di magnesio o cibi ad alto contenuto di magnesio oltre al benessere fisico è possibile riscontrare un effetto positivo sull’umore.

Fonti:
Disturbi depressivi e attività fisica – C. Macchi, 2011
La depressione nel paziente adulto: percorso diagnostico-terapeutico – ASL Bergamo – Tavolo Tecnico per la definizione di PDTA per la depressione, 2013

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