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Pubblicato il 4 Dicembre 2019 | Ultima modifica il 8 Ottobre 2020

Mamma e Bambino

L’importanza della vitamina D nei bambini e i rischi della sua carenza

La vitamina D è un pro-ormone che, nell’organismo, si trasforma in più ormoni che hanno funzioni di regolazione della densità dell’osso e di modulazione della risposta immunitaria.

Più del 90% della vitamina D circolante è prodotto dalla pelle, che la sintetizza a partire da un precursore a seguito di una reazione catalizzata dalla radiazione ultravioletta del sole. Circa il 10% deriva invece dall’alimentazione.

Importanza della vitamina D

L’importanza della vitamina D risiede nelle funzioni tradizionalmente note (e per questo definite attività classiche) e in funzioni che solo recentemente sono state dimostrate o supposte.

Le attività classiche sono quelle che riguardano il metabolismo del calcio. La vitamina D permette la corretta mineralizzazione dell’osso, attraverso la modulazione dell’assorbimento intestinale del calcio e la regolazione della quantità che deve esservi deposta.

Le attività non classiche della vitamina D coinvolgono la sua funzione extra ossea, che comprende la modulazione della funzione immunitaria (e dunque dell’infiammazione) e l’azione antiossidante. Il ruolo della vitamina D nella risposta immunitaria e nel mantenimento del corretto livello di ossidazione è stato studiato solo negli ultimi anni. Lo spunto per dare il via a questi approfondimenti coincide con la scoperta che numerose cellule del corpo, pur non essendo attive nel metabolismo del calcio, possiedono sulla loro superficie esterna un recettore per la vitamina D. Questa osservazione ha suggerito l’ipotesi che questa molecola possa rivestire funzioni diverse rispetto a quelle già note.

Le ricerche evidenziano che la vitamina D sarebbe implicata nella protezione dei tessuti nei confronti della degenerazione tumorale, dello sviluppo della patologia cardiovascolare e di alcune malattie autoimmuni e croniche.

Fra queste malattie, anche l’asma. La comunità scientifica ha dimostrato che la vitamina D è in grado di modulare la risposta autoimmunitaria e infiammatoria che, se non controllata, può dare origine all’asma. Questo dato sembra essere confermato dal fatto che la carenza di vitamina D in gravidanza e durante l’allattamento produce un aumento del rischio di questa malattia e di eczema atopico (patologia eziologicamente correlata all’asma) nel piccolo. Inoltre, la supplementazione di vitamina D nei bambini asmatici riduce il numero e l’intensità degli attacchi.

L’importanza della vitamina D nella protezione dall’ipertensione sarebbe legata alla sua capacità di agire come antiossidante nei confronti delle cellule che compongono l’endotelio dei vasi sanguigni. È proprio la perdita di elasticità della parete arteriosa a costituire un elemento cruciale per la genesi dell’ipertensione: non potendo modulare il calibro dei vasi, infatti, il corpo non riesce a regolare la pressione sanguigna. Inoltre, l’irrigidimento della parete arteriosa crea le basi per la deposizione della placca ateromatosa, fenomeno che amplifica il rischio di infarto, embolia e aneurisma.

Il fatto che la vitamina D sia carente negli adolescenti affetti da diabete di tipo 1 (il cosiddetto diabete giovanile, ossia la forma insulino-dipendente) suggerisce che questa sostanza sia implicata anche nella regolazione della glicemia. Ricorrente, inoltre, il legame con l’autoimmunità, categoria che ricomprende il diabete di tipo 1.

Bassi livelli di vitamina D sono correlati anche con il sovrappeso: questi due fenomeni potrebbero avere una radice comune nel numero limitato di ore trascorse all’aria aperta, che impedirebbe un’adeguata esposizione alla luce solare e favorirebbe l’aumento di peso a causa dell’inattività.

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Cosa succede in caso di carenza

La carenza di vitamina D riguarda un numero sempre maggiore di ragazzi. L’esiguo numero di ore trascorse all’aperto non permette una adeguata esposizione alla radiazione solare, rendendo insufficiente la sintesi di vitamina D da parte della pelle. Questo fenomeno comporta una riduzione della densità ossea a causa della riduzione della quantità di calcio deposta.

La carenza di vitamina D che si sviluppa nel bambino in fase di accrescimento viene definita rachitismo. Il bambino colpito da questa patologia ha uno scheletro impoverito di calcio e una massa ossea minore, che lo espone al rischio di fratture e di deformità dello scheletro.

Quando la carenza di vitamina D colpisce l’adulto, la malattia prende il nome di osteomalacia.

In entrambi i casi, i sintomi riguardano l’apparato osteoarticolare (che manifesta aumento della fragilità ossea e dolori) e la muscolatura, che è dolente e indebolita.

La supplementazione di vitamina D

Il dibattito sull’effettivo ruolo della vitamina D nell’organismo è ancora aperto, così come quello sulla necessità della sua supplementazione. Le recenti scoperte sui ruoli extra ossei di questo pro-ormone hanno aperto a prospettive di indicazione della sua supplementazione in patologie che non riguardano l’apparato scheletrico ma che hanno vasta diffusione e rilevante impatto sulla salute dei bambini, come l’asma.

I criteri fissati per stabilire il range di normalità dei valori ematici sembrano essere troppo elevati e sembra che livelli al di sotto della norma non siano di fatto legati ad una maggiore incidenza di fratture.

Sappiamo che solo il 10% della vitamina D acquisita dal nostro corpo deriva dall’alimentazione. Questa sostanza è contenuta prevalentemente nel pesce grasso (come il salmone e il merluzzo), nel tuorlo d’uovo, nella verdura a foglia verde e in alcuni cereali. La quota restante (e preponderante) viene sintetizzata a partire da precursori dalla pelle attraverso l’intervento catalizzatore della radiazione ultravioletta.

A causa del sempre minor numero di ore trascorse all’aria aperta, i bambini manifestano sintomi da carenza, anche se non per tutti i bambini con livelli di vitamina D bassi nel sangue è indicata l’integrazione. Le indicazioni dei pediatri riguardo l’intervallo minimo di esposizione alla luce solare sono di almeno 15 minuti circa per tre volte alla settimana, anche solo nelle aree normalmente scoperte (braccia, collo, viso), alla latitudine del Regno Unito.

Diversa la situazione dal punto di vista dell’osteoporosi e della predisposizione alle fratture patologiche. In questo caso, le evidenze mostrano che la supplementazione di vitamina D non è efficace per la prevenzione, ma può esserlo per la terapia.

Il recente Congresso Nazionale della Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP), che si è svolto a Milano lo scorso maggio, ha sottolineato come la carenza di vitamina D si stia diffondendo, ma anche come sia necessario valutare attentamente la somministrazione. Un aspetto incontra l’accordo degli studiosi: la necessità della profilassi con vitamina D per tutti i neonati per tutto il primo anno di vita, indipendentemente dal tipo di allattamento con cui vengono alimentati. Sia il latte materno che quello in formula, anche se opportunamente addizionato di elementi nutritivi, non soddisfano il fabbisogno giornaliero di questa vitamina.

La supplementazione è anche indicata per tutti i piccoli appartenenti alle categorie a rischio. Fra queste, anche il colore della pelle: i bambini con la pelle scura potrebbero dover assumere integrazione di vitamina D. La loro cute, infatti, filtra i raggi solari in maniera più decisa rispetto a quella chiara: un’azione protettiva più efficace, ma a dispetto dell’attivazione di vitamina D.

La supplementazione, a discrezione del pediatra, potrebbe essere indicata anche per i bambini sovrappeso: il tessuto lipidico, infatti, sequestra la vitamina D rendendola meno disponibile per le funzioni fisiologiche.

Fonti:

  • Vitamin D: not just bone, but also immunity – Gatti, Idolazzi, Fassio, Minerva Med 2016
  • Prevalence of hypovitaminosis D and predictors of vitamin D status in Italian healthy adolescents – Vierucci, Del Pistoia, Italian Journal of Pediatrics, 2014
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