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Pubblicato il 31 Luglio 2021 | Ultima modifica il 14 Ottobre 2021

Cosa è la carnitina?

La carnitina è un aminoacido essenziale naturalmente presente nelle cellule animali. Un aspetto ripreso anche dal nome, che deriva dal latino “caro, carnis”, che significa carne. Nell’uomo il 98% circa della carnitina totale presente nell’organismo si trova nel muscolo striato scheletrico e cardiaco, mentre la rimanente parte è nel fegato. 

La fonte principale di carnitina è rappresentata dagli alimenti di origine animale, carne, uova e latticini, anche se alcuni organismi sono in grado di sintetizzarla autonomamente. Nell’uomo solo il fegato, il rene ed il cervello possiedono l’intera gamma di enzimi utili per la sua produzione.

Questa sostanza è classificata come un elemento essenziale perché un suo apporto insufficiente determina uno stato carenziale

Al di là dell’impiego nel trattamento di alcune malattie rare di origine genetica e della supplementazione destinata al miglioramento della performance sportiva, la carnitina è da tempo al centro di vivaci dibattiti anche per la prevenzione e la terapia di altre condizioni o patologie. Basti pensare che sulla carnitina vengono pubblicati circa 400 lavori ogni anno su riviste internazionali. 

Carnitina: a cosa serve

Gli acidi grassi a catena lunga sono una delle principali fonti di energia per molti tessuti, fra cui il muscolo scheletrico, quello cardiaco, il rene ed il fegato. Se non riescono ad essere approvvigionati della corretta quantità di queste molecole, possono andare incontro ad alterazioni metaboliche importanti. 

Normalmente si trovano nel citoplasma, ma per essere convertiti in energia devono subire una reazione di ossidazione all’interno dei mitocondri, speciali organuli che costituiscono la centrale energetica della cellula.

A cosa serve, dunque, la carnitina? 

Questa sostanza è l’elemento fondamentale per il trasporto degli acidi grassi a catena lunga dal citoplasma ai mitocondri. 

Inoltre questo aminoacido previene l’accumulo di queste molecole a livello mitocondriale, che avrebbe effetti tossici sulla cellula, principalmente dovuti alla produzione di radicali liberi. Per questa sua attività, la carnitina è ritenuta essere un valido antiossidante.

L’assenza e la carenza di questo aminoacido si ripercuotono negativamente sulla capacità della cellula di ricavare energia dalle sostanze nutritive introdotte con l’alimentazione. Nei casi gravi e non adeguatamente trattati, gli stati deficitari possono portare alla morte.

Quando è importante un’integrazione di carnitina

La carnitina può essere carente perché non ne viene introdotta a sufficienza con la dieta, oppure perché si vengono a creare condizioni di consumo aumentato o di aumentata perdita.

L’apporto insufficiente è strettamente legato all’adozione di diete non equilibrate.

Le carenze enzimatiche

Esistono poi alcune alterazioni che rendono impossibile il suo utilizzo nelle cellule: alla base di questi stati carenziali vi sono deficit enzimatici che impediscono alla cellula di metabolizzare la carnitina. Una di queste è il deficit di carnitina palmitoil transferasi.

Questa condizione può anche essere generata dall’insufficiente attività dei mitocondri, anche dovuta all’assunzione di alcuni farmaci, fra cui la zidovudina, un antivirale impiegato per il trattamento dell’infezione da HIV. 

I deficit enzimatici che rendono impossibile il metabolismo della carnitina, e quindi l’ossidazione degli acidi grassi di produrre energia, sono per lo più correlati a malattie genetiche ereditarie. Si stima che il disturbo più popolare di questa categoria, il deficit primitivo di carnitina (CUD) colpisca meno di 1 soggetto ogni 100.000 nati vivi, sebbene siano stati rilevati dati significativamente più elevati in aree come il Giappone, dove il CUD ha un tasso di incidenza di 1 caso su 40.000 nati vivi.

Queste patologie provocano la deposizione di grassi in tutti i tessuti dell’organismo e coinvolgono il sistema nervoso centrale (causando confusione mentale anche provocata da ipoglicemia ed encefalopatie), il muscolo striato scheletrico (producendo dolore, affaticamento, necrosi muscolare, mioglobinuria, miopatia da accumulo di lipidi), quello cardiaco (cardiomiopatia) e il fegato (steatosi epatica). 

Le malattie genetiche da deficit degli enzimi che metabolizzano la carnitina non sono attualmente guaribili, ma possono essere tenute sotto controllo con una dieta adeguata ricca in carboidrati e povera in grassi, con la prevenzione del digiuno e con un’opportuna supplementazione di carnitina

Altre cause di deficit

La carnitina può essere carente perché viene eliminata in quantità eccessiva. Questo si verifica, per esempio, a causa di stati ricorrenti di diarrea oppure nei soggetti con disturbi dei tubuli renali che ne determinano un’eliminazione eccessiva nelle urine.

In alcuni casi la sintesi endogena è ridotta rispetto al normale, come nel caso delle gravi patologie del fegato.

La carenza può essere associata a un fabbisogno aumentato, cosa che accade nel corso di patologie severe (come la sepsi) o dopo interventi chirurgici importanti.

L’integrazione di carnitina in neurologia

In questi stati carenziali è prevista l’assunzione di carnitina a scopo di integrazione. 

L’impiego di carnitina (sottoforma di L-acetil-carnitina) è stato suggerito anche per il trattamento del dolore neuropatico. In questo caso, questa sostanza agirebbe con un duplice meccanismo d’azione: analgesico e neuroprotettivo. 

L’attività a contrasto del dolore neuropatico è resa possibile dal fatto che la carnitina agisce anche come attivatore di fattori di trascrizione del DNA.

Un aspetto che rende l’impiego della carnitina nel trattamento del dolore neuropatico, molto interessante dal punto di vista neurologico, è la sua correlazione con il miglioramento degli stati depressivi spesso associati a questa condizione. 

Le applicazioni della carnitina alle patologie neurologiche sono numerose. Studi condotti su pazienti affetti da sindrome del tunnel carpale, la neuropatia più frequente dopo la lombosciatalgia e le cervico-brachialgie (malattie che causano la comparsa di dolore e che originano dalla porzione cervicale della colonna vertebrale e si irradiano nelle braccia), mostrano che la supplementazione tempestiva con carnitina può ritardare o prevenire l’intervento chirurgico. 

Carnitina e gravidanza

L’impiego di integratori a base di carnitina viene proposto anche in gravidanza. La gestazione è, infatti, accompagnata da deficit progressivo di questa sostanza, dal primo al terzo trimestre, per il consumo da parte del feto, per un maggiore utilizzo da parte dell’organismo materno, per la riduzione della sua biosintesi e per il ridotto metabolismo delle proteine tipico di questo periodo (la carnitina si ricava a partire dagli aminoacidi lisina e metionina).

L’assunzione di formulazioni a base di carnitina durante la gravidanza contribuisce a ridurre il rischio di condizioni rischiose per la vita della mamma e del bambino, come l’eclampsia

Inoltre, alcuni studi mettono in correlazione l’insorgenza del diabete gestazionale con la carenza di carnitina, che provocherebbe un aumento dei livelli plasmatici di acidi grassi e una riduzione della tolleranza al glucosio, aspetti tipici dell’insulino-resistenza e in parte prevenibili anche con un adeguato apporto di carnitina. 

Carnitina e performance sportiva

La carnitina rientra anche nella formulazione di alcuni integratori mirati al miglioramento delle performance atletiche, del recupero muscolare dopo l’esercizio fisico e della riparazione delle micro lesioni causate dalla pratica sportiva. In ragione della funzione di questo aminoacido nell’ambito del metabolismo degli acidi grassi e nella produzione di energia, la supplementazione di carnitina aiuterebbe anche a ritardare l’insorgenza della fatica e a migliorare le performance di resistenza negli sforzi fisici prolungati. 

Proprio per il suo ruolo nel rendere possibile l’ossidazione degli acidi grassi, faciliterebbe la perdita di peso durante l’attività sportiva. Questo aspetto la renderebbe un utile supporto nelle diete dimagranti.

Il Ministero della Salute stabilisce la dose giornaliera massima consentita relativa all’assunzione di carnitina in 1.000 mg al giorno. 

Fonti: