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Pubblicato il 2 Gennaio 2023 | Ultima modifica il 13 Gennaio 2023

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Diarrea: cosa accade al corpo, come fermarla e quando preoccuparsi

Chi non ha mai avuto, almeno una volta nella vita, un attacco di diarrea? Feci acquose, semiformate o liquide e un numero di evacuazioni giornaliere superiore alla norma sono i tratti distintivi di un disturbo estremamente diffuso tra persone di ogni età. 

In buona parte dei casi, episodi diarroici occasionali non devono destare particolare preoccupazione, ma se le scariche si protraggono nel tempo e sono associate ad altri sintomi, il discorso cambia.

Quanto tempo può durare la diarrea

In relazione alla sua durata, la diarrea può essere acuta o cronica. La prima si risolve generalmente in meno di due settimane, mentre la seconda può arrivare a sfiorare i trenta giorni.

Le forme acute sono causate da infezioni intestinali, intolleranze alimentari, terapie farmacologiche e attacchi d’ansia, ma possono anche presentarsi in chi viaggia (diarrea del viaggiatore).

La diarrea cronica è, invece, riconducibile a malattie infiammatorie intestinali, sindrome dell’intestino irritabile, celiachia, alterato assorbimento degli acidi biliari, pancreatite cronica, malattia diverticolare, neoplasie ed esiti di interventi al tratto gastrointestinale. 

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Cosa accade al corpo quando si verifica questa problematica

In caso di diarrea, l’organismo va incontro a conseguenze diverse in rapporto alle cause e all’origine del disturbo. 

In presenza di forme acute, possono insorgere disidratazione con sete, perdita di sali minerali (sodio, potassio, calcio e magnesio), crollo dei valori pressori e insufficienza renale secondaria alla riduzione del volume ematico circolante. 

In caso di diarrea persistente (o cronica) possono presentarsi una progressiva perdita di peso, carenze nutrizionali e vitaminiche e alterazioni delle concentrazioni dei sali

Talvolta, queste manifestazioni insorgono dopo interventi di resezione gastrointestinale, operazioni di by-pass, cattiva digestione e malassorbimento da accelerato transito intestinale.

La diarrea cronica, associata a perdita di peso, carenza di ferro e conseguente anemia, può essere invece il campanello d’allarme della celiachia

La comparsa di dolore addominale, febbre, artriti e deficit di vitamina B12 può essere infine il sintomo di malattie infiammatorie intestinali.

Cosa fare per fermare la diarrea

In buona parte dei casi, la diarrea si ferma spontaneamente senza bisogno di contattare il proprio medico.

In attesa che passi, si possono però seguire questi semplici consigli.

  • Bere acqua a piccoli sorsi per reintegrare i liquidi persi scongiurando così la disidratazione.
  • Consumare pasti leggeri a base di riso, patate e carote bollite, carne bianca e pesce lesso o ai ferri.
  • Ridurre l’apporto di alcolici, bevande a base di caffeina, cibi grassi e alimenti contenenti fruttosio come mele, pesche e pere.

Il ruolo di farmaci e integratori 

Per ridurre il numero di scariche e riprendersi più in fretta, si possono assumere, previa prescrizione medica, farmaci antidiarroici in grado di inibire la motilità intestinale.

Nello stesso tempo, si consiglia un’adeguata supplementazione a base di fermenti lattici vivi ad azione probiotica per riequilibrare la flora batterica intestinale compromessa dalle scariche diarroiche.

Cosa fare quando la diarrea non passa

Se la diarrea non passa entro alcuni giorni, è bene rivolgersi al proprio medico per individuarne l’origine e scongiurare una possibile disidratazione.

Altri campanelli d’allarme da non sottovalutare sono:

  • febbre;
  • tracce di sangue o materiale purulento nelle feci;
  • vomito prolungato;
  • feci scure o nere;
  • perdita di peso.

La diarrea è un disturbo molto frequente, ma non sempre da sottovalutare. Le forme acute tendono generalmente a fermarsi da sole modificando la dieta e facendo attenzione a reintegrare i liquidi persi. In questi casi, è però essenziale riequilibrare la flora batterica intestinale assumendo fermenti lattici vivi ad azione probiotica.

La diarrea cronica (o persistente) richiede, invece, approfondimenti medici perché potenzialmente riconducibile a disordini a carico dell’apparato gastrointestinale.

 

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