Gli esseri umani sono gli unici esseri viventi in grado di piangere emotivamente. Ecco cosa dice la scienza a riguardo
“Fatti un bel pianto, vedrai che starai meglio!”: quante volte ce lo dicevano le nostre nonne o le nostre madri? Solo saggezza popolare o vi è dietro un fondo di verità? Effettivamente, che si sia sconvolti per una rottura amorosa o semplicemente sopraffatti da forti sentimenti, le lacrime sembrano aiutare a rilasciare la tensione emotiva. Però, nessun altro animale sulla faccia della Terra piange per sentirsi meglio, è una prerogativa umana. Quindi perché piangiamo? Cercheremo di rispondere a questa domanda nel corso dell’articolo, seguiteci.
Cosa sono le lacrime?
Esistono tre tipi di lacrime:
- Lacrime basali: i nostri occhi sono sempre umidificati da questo liquido trasparente prodotto dalle ghiandole lacrimali, che si spande su tutta la superficie del bulbo mediante l’ammiccamento, ossia sbattendo le palpebre superiori.
- Lacrime di risposta: se un corpo esterno (una ciglia o un granello di polvere) entra nell’occhio, per reazione e per consentire una più facile rimozione dello stesso, questo lacrima. Lo stesso avviene quando sbadigliamo o ridiamo di gusto.
- Lacrime emotive: sono una prerogativa umana, le versiamo quando siamo sopraffatti da un’emozione, sia essa positiva o negativa. Hanno una concentrazione di proteine superiore del 24% rispetto alle lacrime di risposta.
Perché piangiamo? La prima ipotesi
Attualmente esistono due ipotesi principali, teorizzate da Ad Vingerhoets, professore di psicologia clinica all’Università di Tilburg, nei Paesi Bassi, che ha studiato le origini del pianto. La prima è questa: versare lacrime aiuta a riprendersi dopo essere stati emotivamente angosciati o sopraffatti. Mentre le persone associano più comunemente il pianto alla tristezza, non è raro piangere anche dopo un’esperienza gioiosa o soddisfacente. Qualche esempio? Ottenere quella promozione a cui si ha lavorato per anni o ricevere una chiamata dall’ospedale che ci annuncia che la biopsia è negativa.
Perché piangiamo? La seconda ipotesi
In base alla seconda ipotesi, afferma Vingerhoets, le lacrime sarebbero un segnale importante per gli altri; mediante le lacrime comunichiamo impotenza, quindi richiediamo aiuto in determinate situazioni, proviamo a bloccare eventuali comportamenti aggressivi altrui, oppure avvisiamo i nostri interlocutori che è in gioco qualcosa di importante per noi, da non sottovalutare.
Ricerche meno recenti dimostrano che piangere è simile allo sbadigliare: avete mai notato che se una persona sbadiglia, di riflesso sbadiglieremo anche noi? Ecco, è più probabile che se vediate qualcuno piangere, anche voi facciate lo stesso. Questo perché condividere emozioni forti attraverso il pianto può aiutare a consolidare i legami emotivi, a renderli più stretti.
Non a caso, per esempio, in Giappone si è diffusa una nuova forma di terapia, che prevede il riunirsi in piccoli gruppi per visionare video molto tristi e quindi piangere tutti insieme.
Perché piangiamo? L’influsso del cervello
Anche se non ancora dimostrato, il pianto sembra stimolare il sistema nervoso parasimpatico. Vingerhoets afferma che quest’ultimo svolge un ruolo importante nel recupero dallo stress fisico e nel rilassamento (è essenzialmente l’opposto della risposta di lotta o fuga). Quindi è possibile tracciare dei collegamenti tra un buon pianto e i sentimenti di catarsi emotiva e guarigione.
Le lacrime possono anche stimolare il rilascio di sostanze chimiche del cervello come l’ossitocina e gli oppioidi endogeni prodotti dal nostro corpo: ciò implica che il pianto avrebbe un effetto positivo sulla percezione e sulla tolleranza del dolore. Sebbene questo sia ancora in corso di indagine da parte degli scienziati, aiuterebbe a spiegare perché gli accadimenti sembrano fare meno male dopo un bel pianto. Come uno scudo, le lacrime possono aiutare a respingere il dolore delle emozioni tristi o troppo forti.
Piangi ora, starai meglio dopo
Attenzione, però: i benefici sull’umore potrebbero non arrivare subito. Un nuovo studio ha scoperto che le persone che piangevano guardando un film molto triste, inizialmente si sentivano peggio. Ma circa 90 minuti dopo aver pianto, l’umore non solo era sollevato, ma era molto migliorato rispetto a come si sentivano prima del film. Questo è stato però osservato in coloro che si erano abbandonati alle lacrime, ma non in coloro che non avevano pianto. A quest’osservazione, Vingerhoets aggiunge che il pianto segna spesso il punto più basso dello stato emotivo triste: dopo il pianto, anche se sembra che vada peggio, non potrete che risalire la china del vostro umore.
Quindi piangere è una buona cosa?
Dipende da molti aspetti. Innanzitutto, il miglioramento dell’umore dopo il pianto è fortemente influenzato da fattori sociali e culturali: per esempio, fino a poco tempo fa era radicata la convinzione che un vero uomo non dovesse piangere mai. Quindi coloro che si abbandonavano alle lacrime molto probabilmente dopo si vergognavano o si sentivano deboli, aumentando il senso di inadeguatezza e di conseguente impotenza.
Così come il riso, quando si è nervosi o arrabbiati, anche il pianto è una reazione soggettiva molto difficile da definire, proprio perché legata alle emozioni. Secondo gli studi riportati, tuttavia, nella maggior parte dei casi un buon pianto sembra essere un modo sano per rilasciare le emozioni represse e allontanare le vibrazioni infelici.
Fonti
Vingerhoets AJJM, Bylsma LM. The riddle of human emotional crying: A challenge for emotion researchers. Emotion Review 2016; 8:207-217.
Gračanin A, Bylsma LM, Vingerhoets AJJM. Why only humans shed emotional tears: Evolutionary and cultural perspectives. Human Nature 2018.
Gračanin A, Bylsma LM, Vingerhoets AJJM. Is crying a self-soothing behavior? Frontiers in Psychology 2014; 5:1-15.