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Pubblicato il 23 Gennaio 2023

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Che cosa provoca le intolleranze alimentari?

Le intolleranze alimentari sono disturbi che compaiono in alcuni soggetti dopo avere assunto un determinato alimento: per questa ragione vengono comunemente definite reazioni avverse al cibo.

Si differenziano dalle allergie, meno frequenti, perché non coinvolgono il sistema immunitario. Le intolleranze sono da attribuire ad una incapacità dell’apparato digerente di metabolizzare un certo cibo

Nel loro complesso, le intolleranze non hanno una causa nota e completamente chiarita. Si sa, però, che sono legate alla presenza di alcuni fattori di rischio, una serie di concause che contribuiscono a determinarne l’insorgenza: la principale è la familiarità. La presenza in famiglia di persone intolleranti ad un determinato alimento è di per sé un fattore che predispone allo sviluppo di questo disturbo.

Un altro fattore di rischio è rappresentato dalle infezioni intestinali pregresse, che secondo alcuni studi sembra possano creare un ambiente favorevole al loro sviluppo.

A differenza delle allergie, che si manifestano con eruzioni cutanee e, nei casi più gravi, con difficoltà respiratoria e shock anafilattico, le intolleranze provocano sintomi esclusivamente digestivi. I più comuni sono gonfiore addominale, mal di pancia, diarrea, difficoltà a digerire, nausea e vomito. Possono talvolta anche essere presenti sintomi cutanei come eczemi e arrossamenti.

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Allergia agli alimenti e intolleranze alimentari, come riconoscerle? 

In genere, le intolleranze vengono diagnosticate su base clinica. Questo significa che sono riconosciute grazie al fatto che si nota una correlazione fra l’ingestione di un determinato alimento e la comparsa di disturbi digestivi di vario tipo. 

La conferma arriva quando l’assunzione di quel cibo viene sospesa: se i sintomi scompaiono per riapparire alla sua reintroduzione, l’intolleranza è verosimile. 

Quando indicato, viene anche eseguito un test per escludere la presenza di un’allergia. Occorre tenere presente che, di solito, le allergie subentrano subito dopo l’ingestione dell’alimento in questione, mentre le intolleranze possono manifestarsi anche a distanza di molte ore.

Un’altra differenza tra intolleranza ed allergia è nella correlazione fra la dose e l’intensità della sintomatologia: al contrario della prima, la seconda è dose-dipendente. Questo significa che le allergie possono produrre conseguenze molto gravi anche con quantità minime di alimento. I sintomi di un’intolleranza, invece, durano per tutto l’intervallo di tempo necessario all’organismo per liberarsi dell’alimento problematico

Ad oggi sono disponibili solo prove per la diagnosi di alcune intolleranze, come il test del respiro (breath test) per l’intolleranza al lattosio.

Molti dei test che vengono proposti per la diagnosi di un’intolleranza alimentare (come il cosiddetto test citotossico, il test kinesiologico e le analisi del capello) sono privi di fondamento scientifico.

Quali sono le intolleranze più diffuse 

Le intolleranze alimentari sono piuttosto diffuse ma i dati epidemiologici disponibili non sono ancora del tutto precisi.

Le incertezze riguardano principalmente la diagnosi, che spesso non differenzia correttamente intolleranze e allergie. Non aiuta la mancanza di procedure diagnostiche idonee.

Non solo intolleranza al glutine

L’intolleranza più diffusa è quella al lattosio, lo zucchero contenuto nel latte.

Al secondo posto, l’intolleranza al glutine, che non deve essere confusa con l’allergia al glutine, una reazione esagerata del sistema immunitario nei confronti di una proteina, scambiata per un possibile aggressore esterno. Chi ne soffre ha i classici sintomi delle intolleranze alimentari e manifestazioni quali mal di testa e affaticabilità.

Un’intolleranza divenuta famosa nella storia e molto diffusa nelle aree mediterranee è il favismo. Nelle persone che ne soffrono la mancanza di un enzima provoca la distruzione dei globuli rossi a seguito dell’ingestione di fave. Si racconta che Pitagora, il più famoso paziente affetto da favismo dell’antichità, fu avvelenato da un nemico proprio con un piatto a base di fave.

Si possono assumere integratori se si è intolleranti? 

Proprio per le ragioni dette sopra, le intolleranze alimentari dovrebbero sempre essere diagnosticate da un medico specializzato. 

Il trattamento di questi disturbi prevede l’allontanamento dell’alimento responsabile dalla dieta. Non sempre è possibile farlo, perché spesso i cibi più diffusamente correlati a queste manifestazioni sono presenti in molti prodotti, soprattutto se di origine industriale. 

Inoltre, sono frequenti i casi di persone con gradi di intolleranza lievi o medi, compatibili con una moderata assunzione dell’alimento in questione. 

In queste situazioni, l’ingestione accidentale o consapevole dell’alimento responsabile di intolleranza scatena sintomi quali diarrea, pancia gonfia e dolore addominale, che possono protrarsi per qualche giorno. Tali manifestazioni sono l’espressione di una disbiosi, cioè di un’alterazione della composizione del microbiota. 

Può essere quindi d’aiuto un prodotto a base di fermenti lattici vivi ad azione probiotica che agisca riequilibrando il mix della flora batterica intestinale. In particolare, i probiotici Lactobacillus acidophilus (LA-5®), Lactobacillus casei (L.CASEI431®), Bifidobacterium (BB12®) e Bacillus coagulans (BC 513) sono fra i più efficaci per controllare le conseguenze delle intolleranze alimentari. 

La raccomandazione è quella di scegliere sempre forme farmaceutiche che garantiscano la maggiore stabilità dei probiotici, in modo tale che i batteri contenuti arrivino vivi e attivi nell’intestino.

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